Cambio di ERP: la “cooperazione fluida”

Cambio di ERP: la “cooperazione fluida”

Cambio di ERP: la “cooperazione fluida”

quattro domande a Gino Palladino

 

Claudio Leonardi, CEO di 4Securitas S.r.l.

L’innovazione è un processo a due facce: o non la si fa chiudendo gli occhi e resistendo il più possibile, ma così si resta indietro, oppure la si affronta. Nel secondo caso – una scelta pressoché obbligata per aziende di qualsiasi tipologia e dimensione che desiderano migliorare la propria competitività – il problema diventa il “come”. Non si tratta solo di dubbi tecnologici ma anche di scelte organizzative e in questo campo il ruolo del partner/fornitore risulta prezioso, per non dire determinante. Qual è la strategia che ATS suggerisce? Quella di buttar via tutto o rifare oppure di procedere per gradi?

Si tratta di un dilemma cruciale per le aziende che desiderano modernizzare i propri sistemi legacy. Non c’è una risposta univoca, dipende molto dal contesto e da molteplici fattori come la complessità del sistema legacy, la sua centralità all’interno dell’architettura e il suo impatto sul business.
Buttare via tutto e rifare con il cosiddetto approccio “Big Bang” potrebbe sembrare la mossa più ovvia per svicolarsi immediatamente dal sistema Legacy ma, in base alla nostra esperienza, è anche la via meno sicura e più critica.
Il passaggio diretto da un sistema all’altro può causare errori e malfunzionamenti che possono generare interruzioni sull’operatività aziendale. Il “Big Bang” ha anche impatti sugli utilizzatori, rappresentati dalla discontinuità operativa dovuta al cambio di interfaccia, a nuove informazioni e a nuovi flussi operativi.
Per meglio individuare la strategia da seguire è necessario comprendere a fondo l’architettura, i componenti, le dipendenze e i flussi di dati del sistema Legacy.
Le informazioni sono il punto focale. Una delle domande principali è: “conosco in dettaglio il modello dei dati del sistema attuale e di quello di destinazione?” Se la risposta è negativa, il suggerimento è quello di adottare un processo di innovazione graduale.

Fare una evoluzione per gradi significa, tra l’altro, non rivoluzionare tutti i processi in uno stesso momento ma intervenire in modo mirato e per gradi, verificando e misurando in maniera puntuale in un certo arco di tempo i nuovi livelli di efficienza raggiunti settore per settore. Per realizzare questo percorso servono indubbiamente strumenti tecnologici, considerando che il sistema informativo precedente e quello nuovo possono operare anche su piattaforme, oltre che su data base, differenti. Voi come operate?

L’evoluzione graduale dei sistemi Legacy è un approccio strategico valido per minimizzare i rischi e massimizzare i benefici della modernizzazione. Per questo applichiamo strumenti in grado di abilitare quella che abbiamo denominato cooperazione fluida fra sistemi legacy e applicazioni basate su nuove tecnologie che agevolano la modernizzazione progressiva.
La nostra soluzione Smart Data Integrator (SDI) semplifica notevolmente la migrazione graduale a nuovi sistemi permettendo di implementare velocemente la sincronizzazione tra le applicazioni Legacy e le applicazioni modernizzate.
SDI applica la tecnica del Change Data Capture per la replica automatica e immediata da una fonte dati verso un sistema di destinazione, sia esso un data base (DB SQL o No SQL) un Data Lake o APIs.

Mi hai detto che molto spesso i vostri interventi vengono richiesti da aziende che hanno installato un As/400 IBM. E’ una statistica dovuta alla grande diffusione di questa piattaforma in Italia oppure avete puntato in modo strategico a questo mercato che rappresenta comunque oltre 10.000 imprese?

Lavorando con realtà che disponevano di un AS/400 IBM ci siamo resi conto di quanto fosse elevato il “gap” tecnologico rispetto ai sistemi più moderni, spesso di tipo “Cloud-native”. Questo ci ha fatto capire che in tale ambito c’era un bisogno specifico di disporre di strumenti idonei a favorire la migrazione a nuovi sistemi e che qui, più che altrove, ci fosse la necessità di un passaggio graduale. Infatti, causa l’età del codice, in molti casi le persone che avevano la conoscenza del modello dei dati non erano più in azienda. Occorreva quindi procedere per blocchi funzionali e verificare il risultato della migrazione di ogni singolo blocco in modo da semplificarne l’implementazione e garantire il risultato finale.

Per concludere, quali sono i benefici che derivano al Cliente dall’utilizzare i vostri strumenti e le vostre esperienze?

Per affrontare processi di modernizzazione complessi sono necessari strumenti performanti, ma anche le competenze indispensabili per ridurre al minimo le potenziali problematiche.
Installare un sistema bidirezionale di sincronizzazione dei dati tra legacy e applicazioni new-technology, che sia stabile, ma configurabile sulle specifiche esigenze, richiede certamente lo strumento corretto ma anche il supporto consulenziale adeguato. Si tratta di tematiche tecniche complesse che esigono una forte esperienza nella modernizzazione dei sistemi e nella gestione dei dati ai fini di impedire di commettere errori e invalidare i vantaggi offerti dall’approccio graduale.
Il nostro Cliente ha a disposizione un team di esperti che possono guidarlo nel complesso percorso di migrazione aiutandolo a ridurre i tempi, i costi e i rischi associati al processo di modernizzazione.
Smart Data Integrator (SDI), in particolare, è stato pensato per nascondere gran parte delle complessità nell’uso delle tecnologie di sincronizzazione dei dati. Rende il Cliente autonomo nelle operazioni di riconfigurazione, dopo il nostro setup iniziale, facilitato da un’interfaccia moderna e intuitiva basata sull’approccio no-code che accelera l’implementazione.

Gino Palladino
Head of IT Modernization Team di ATS
www.atscom.it

 

 

 

PNRR, chi era costui?

PNRR, chi era costui?

PNRR, chi era costui?

L’editoriale di Breaking News!

Alberto Delaini - Delaini & Partners

Quelli che – sbirciando il titolo con un filo di preoccupazione – si aspettano una analisi di taglio politico, magari intelligente o addirittura arguta, passino serenamente ad un altro articolo. La citazione simil-manzoniana è figlia di remoti ed ormai sepolti studi classici.
Il quesito è molto ma molto più terra terra: che cosa ne è stato del PNRR, quella specie di istituzione salvifica e quasi miracolistica che avrebbe risollevato le sorti dell’Italia intera, finanziando ogni legittima aspirazione nonché progetto, riparando torti, supportando politiche miopi e comunque asfittiche causa carenza di risorse? Quella specie di Fenice che avrebbe fatto risorgere il nostro Paese, innalzandolo a livelli di sviluppo e di evoluzione … per lo meno decorosi?

Mah!
Non lo so. Sinceramente da tempo non trovo più in nessuno dei Media che si sbracciavano per decantarne le virtù o, su altri fronti ideologici, per denunciarne le oscure trame sottostanti, la minima traccia di questa impronunciabile sigla. E se comprendo il silenzio assoluto dei partiti, quello della maggior parte dei giornalisti sinceramente mi preoccupa. I soldi sono arrivati, lo sappiamo tutti, grazie all’impegno del Governo, del Ministro Fitto ed alle valutazioni insolitamente di manica larga di tutta la CEE. Sono stati recapitati in varie tranche poi puff! Si sono dissolti nell’aria come una bolla di sapone. Per lo meno in termini comunicativi.
Mi aspettavo di vedere un balzo incredibile del Pil, di ammirare dappertutto cantieri che trasformassero scuole dissestate in scintillanti templi tecnologici del sapere, per non citare i soffitti che crollano e gli incerti adeguamenti alle disposizioni sulla sicurezza che ogni cittadino è viceversa chiamato a rispettare pagando di tasca sua.
Mi preparavo a sperimentare nuove meraviglie del Servizio Sanitario Nazionale è invece un esame cardiologico (grazie a Dio non in emergenza) me l’anno schedulato a otto mesi mentre per le verifiche di una disfunzione uditiva ne saranno sufficienti solamente sei. In questo medesimo periodo, a pagamento, ho ottenuto una visita urologica in tre giorni e un controllo per una fastidiosissima labirintite nel pomeriggio dello stesso giorno di richiesta. Potenza dell’iniziativa privata.
Ma del PNRR niente, nessun avvistamento. Scomparso nelle nebbie, affossato nel dimenticatoio.

La speranza
Fine delle lamentele. Un dubbio però mi macera l’anima e vorrei condividerlo con voi, magari per ottenere un qualche riscontro. UN paio di settimana fa ho letto che Intesa SanPaolo, come tutti gli Istituti di Credito sempre sensibile alle difficoltà che i nostri Parlamentari hanno ad arrivare a fine mese – Roma rimane tremendamente cara, anche se ci passi solo due o tre giorni la settimana con viaggio pagato e indennità varie –, ha deciso di alleviarne le ambasce riconoscendo sui conti correnti della filiale loro riservata un 5,6 % di interessi attivi (attivi per il correntista, non per la Banca!). Un piccolo gesto che manifesta una sorta di solidarietà a chi vive un contesto indubbiamente disagiato. In fondo sono solo 20 volte di più di quanto riconosciuto a me, normale cittadino che se ne sta bellamente a casa propria.
Poi mi si è accesa la luce. È lapalissiano: con questo livello di remunerazione, depositando i 194,4 miliardi di Euro del PNRR in quattro e quattr’otto potremo azzerare il debito nazionale e far entrare finalmente la bistrattata Italia tra i “Paesi virtuosi”. Che stupido a non averlo capito prima!

Alberto Delaini

Complementi di ERP

Complementi di ERP

Complementi di ERP

quattro domande a Giuliano Lo Iacono

 

Claudio Leonardi, CEO di 4Securitas S.r.l.

Il termine “Trasformazione Digitale” risulta talmente inflazionato da trasmettere quasi un senso di noia, quasi si trattasse di uno slogan che in fondo dice poco. In realtà nasconde due risvolti differenti:
– quello tecnologico, che permette all’azienda di migliorare la collaborazione e integrazione con la catena di valore cui è legata (clienti, fornitori, associazioni, partner, …)
– quello organizzativo-applicativo, collegato all’esigenza di modificare le modalità operative e decisionali attraverso i potenti supporti che le soluzioni software studiate realmente su misura consentono.

L’obiettivo di qualsiasi soluzione gestionale (leggasi ERP) è di coprire tutti i processi, ma esistono esigenze, a volte apparentemente secondarie, che non riescono ad essere supportate in modo adeguato da uno standard, perché ogni azienda è diversa dalle altre.
BME ha dimostrato una spiccata capacità nel realizzare componenti applicative estremamente mirate a valorizzare le specificità dei propri clienti. Per questo i suoi interventi sono stati battezzati “Complementi di ERP”. Come operate?

Ascoltiamo e interpretiamo in modo proattivo le esigenze dei nostri clienti, per realizzare soluzioni software mirate ed efficaci, in grado di portare reali benefici all’operatività aziendale.
I progetti che abbiamo realizzato per i nostri clienti sono stati caratterizzati
dall’esigenza di coniugare le migliori tecnologie disponibili sul mercato, alle
esigenze funzionali specifiche dei nostri clienti, con forte enfasi alla scalabilità delle
soluzioni realizzate e alle performance.
Inoltre, nelle fasi di disegno delle soluzioni, viene prestata molta attenzione agli
aspetti di sicurezza, per garantire che le nostre soluzioni rispondano ai requisiti attesi di sicurezza informatica.

Qualsiasi software house è in grado di realizzare interventi di personalizzazione sulle soluzioni applicative standard. Il problema è piuttosto il “come”.
BME, in effetti, si è focalizzata sull’impostazione di una metodologia e su strumenti specifici per organizzare e verificare i lavori eseguiti. Puoi spiegare che cosa fate e come?

La qualità delle nostre soluzioni è garantita dalla definizione e rispetto di
rigide regole di qualità che vengono applicate nel corso dello sviluppo e
test delle soluzioni.
Per poter garantire un altissimo livello di affidabilità del software rilasciato, abbiamo investito molto nelle fasi di automazione dei test (test specifici, no regression test) e di enviroment delle nostre soluzioni.
Inoltre abbiamo progettato e realizzato TBPLANNED, uno strumento nato per effettuare un controllo proattivo delle commesse, che ci consente di organizzare al meglio le risorse e le varie attività di progetto.

Non vorrei scomodare l’espressione “piccolo è bello” perché non sono del tutto convinto che rappresenti sempre correttamente la realtà. Voi non siete una software house che spicca per dimensioni: come avete operato per poter ovviare a questa caratteristica?

BME è entrata da alcuni anni, a far parte del’Ecosistema TESISQUARE (www.tesisquare.it).
Questa partnership rappresenta la naturale evoluzione di un rapporto di collaborazione consolidatosi nel tempo, favorendo l’apertura di nuove prospettive di consolidamento del know-how aziendale e dello sviluppo commerciale.
L’operazione è stata effettuata con uno sguardo rivolto al futuro e ad una forte accelerazione alla crescita: miglioramento dei servizi, implementazione di nuove tecnologie a disposizione dei clienti e crescita del personale.
Sono questi gli obiettivi che ci permetteranno di diventare un punto di riferimento nella nostra nicchia di mercato.

Per concludere e per entrare nel pratico, mi puoi indicare un paio di esempi di vostri interventi presso clienti, citando l’esigenza che vi ha fatto incontrare e le caratteristiche della soluzione che avete realizzato?

L’esigenza di una startup milanese era quella di implementare la logistica di ultimo miglio nel processo di acquisto, andando a gestire i rapporti tra il checkout e la soluzione di prossimità scelta per il ritiro o la restituzione del pacco.
È stata creata una suite di applicazioni che permette al merchant (proprietario dell’e-commerce) di dare come scelta al cliente finale la possibilità di scegliere la spedizione o reso di un pacco ad un punto di ritiro (locker, tabaccheria, etc.)
Una rinomata Università della nostra zona aveva la necessità di migliorare la gestione dei viaggi d’istruzione per gli studenti. Utilizzando il framework Odoo, abbiamo realizzato un’applicazione specifica, che viene mantenuta su infrastruttura da noi gestita, al fine di sgravare il cliente da attività sistemistiche.
Un’azienda che produce e trasporta pallet, in continua evoluzione, aveva manifestato la necessità di creare un software specifico in sostituzione di un prodotto di mercato.
Per rispondere a questa esigenza abbiamo realizzato un sistema modulare per gestire al meglio le fasi del processo della produzione dei pallet, di gestione della logistica e di integrazione con elementi di terze parti.

Giuliano Lo Iacono
Founder e CEO di BME Srl
giuliano.loiacono@bmeweb.it – www.bmeweb.it

 

 

 

 

Cybersecurity: dipende da noi!

Cybersecurity: dipende da noi!

Cybersecurity: dipende da noi!

non possiamo diminuire gli attacchi, dobbiamo organizzarci

Alberto Delaini - Delaini & Partners

Magari non ce ne rendiamo pienamente conto, ma trasformazione digitale significa un cambio sostanziale nelle modalità attraverso le quali si comunica. Questo vale sia a livello professionale – o aziendale, se preferite – dato che incide sul modo di interagire con l’esterno (clienti, fornitori, partner, …) che personale, nei rapporti di ogni giorno.
Questi nuovi modi di effettuare processi ed erogare servizi possono sicuramente cambiare in senso positivo il livello di efficienza di moltissime aziende, ma non senza controindicazioni. Controindicazioni che, sintetizzando al massimo, significano un maggior rischio di incidenti sulla sicurezza. Più ci si apre e si interagisce, più opportunità nascono per i malintenzionati.

Cosa dicono i numeri
Il rapporto Clusit, vera cartina di tornasole sulla situazione IT in Italia, restituisce una fotografia del 2023 nettamente peggiorativa rispetto ai dodici mesi precedenti, continuando a descrivere una curva degli attacchi in inesorabile crescita, con un preoccupante +12% sul 2022. Mensilmente, è stata rilevata una media di 232 attacchi, con un picco di 270 nel mese di aprile, che rappresenta anche il valore massimo misurato negli anni.
Un altro indicatore mi sembra decisamente allarmante: nell’81% dei casi la gravità degli attacchi è elevata o critica, secondo la scala di “severity” utilizzata dai ricercatori di Clusit che si basa sulla tipologia di attacco e sugli impatti.
Con uno sguardo agli ultimi cinque anni, emerge inoltre che oltre il 47% degli attacchi totali censiti in Italia dal 2019 si è verificato nel 2023, a riprova che il fenomeno si sta allargando e generalizzando.

L’Unione Europea intanto …
L’Unione Europea, attraverso l’ENISA (The European Union Agency for Cybersecurity) promuove da tempo una serie di iniziative volte a utilizzare Internet in modo sicuro, per imparare a difendersi dagli attacchi informatici, ma soprattutto per inquadrare il fenomeno e per non sottovalutarlo. La vera criticità, infatti, è l’ancora insufficiente livello di consapevolezza e conoscenza dei rischi.
La costante innovazione, le nuove tecniche di social engineering, i nuovi ceppi di malware e le nuove tattiche utilizzate, caratterizzano la crescente pericolosità, alla quale solo la prevenzione può rappresentare una buona difesa.
Attacchi che diventano sempre più numerosi e imperversano su tutti i canali informatici, da quelli personali come social o applicazioni di instant messaging a quelli societari o istituzionali, come portali, siti internet o banche dati.

Tecniche di attacco
Phishing e ransomware rappresentano due fra le tecniche più diffuse per sferrare cyber attacchi: negli ultimi anni, rispettivamente, costituiscono il 41% e il 10% delle tecniche sfruttate dai cyber criminali a livello globale.
Gli attacchi di tipo ransomware utilizzano soprattutto quattro metodi:
– il phishing, e le sue varianti, Vishing/Smishing/Pharming, (tramite fraudolenti messaggi di posta, apparentemente provenienti da fonti attendibili)
– il malvertising, messaggi pubblicitari malevoli che, una volta cliccati, installano programmi malevoli sul dispositivo dell’utente)
– il social engineering, quell’ingegneria sociale che invita l’utente a “fidarsi” del cyber criminale a compiere azioni compromettenti
– gli exploit kit che sono software o parti di codice in grado di trovare un bug di sicurezza o una vulnerabilità in un’App o in un sistema operativo).
Sono tutte tecniche che mirano ad incrementare le fonti di guadagno illecito, per esempio chiedendo riscatti in bitcoin per ripristinare i dati.
Inoltre il Ransomware-as-a-Service (RaaS) consente anche a gruppi criminali, privi di competenze informatiche, di “noleggiare” il software malevolo e focalizzarsi solo sulla scelta della vittima da colpire.

Pratiche di “Cyber hygiene”
Tuttavia esistono alcune pratiche basilari di cyber hygiene che consentono di ridurre i rischi:
– prevenire l’infiltrazione (con approccio alla sicurezza a più livelli e programma di condivisione dei file, sicuro e approvato dall’azienda);
– password uniche e autenticazione forte sono i pilastri della sicurezza;
– monitorare le attività della rete aziendale e periodicamente verificare eventuali vulnerabilità;
– mantenere sempre aggiornati software e sistemi operativi (scaricando e installando tutte le patch, soprattutto per prevenire gli zero-day);
– effettuare backup dei dato in modalità offline, in modo che l’eventuale attaccante che accede ai sistemi o il temibile ransomware non possa andare a cancellare i dati;
– prevedere un piano di ripristino dei dati per avere un ripristino su larga scala in modo da poter assicurare la continuità aziendale
– prevenire gli errori umani, lavorando sulla consapevolezza dei rischi e sulla formazione continua dei dipendenti.

Human Risk
Nel corso degli anni la cybersecurity si è focalizzata sulla tecnologia e sulla gestione del rischio tecnologico rendendo più difficile per i Criminal Hacker sfruttare questa tattica.
La tecnologia per la difesa evolve, ma non possiamo dimenticare che l’81% degli attacchi è attribuibile a disattenzioni umane. Ecco che allora lo Human Risk è diventato protagonista del rischio cyber.
Una delle tattiche maggiormente utilizzata nell’ultimo periodo dai pirati informartici è il social engineering che consiste in un insieme di tecniche che hanno l’obiettivo di ingannare l’utente per sottrargli credenziali email, dati dei conti correnti e/o accessi ai sistemi, informazioni che possono poi essere poste in vendita nel Darkweb o utilizzate per attaccare o, meglio, aggredire la stessa vittima o la sua azienda.

Roberto Giovanni Loche
RL Solutions
rloche@rlsolutions.it – Mobile: +39 331.2917785

 

PNRR, chi era costui?

La balena spiaggiata

La balena spiaggiata

L’editoriale di Breaking News!

Alberto Delaini - Delaini & Partners

C’era una volta tantissimi anni fa un’Europa tutta da costruire, con nazioni uscite dal baratro di due guerre fratricide nell’arco di soli trent’anni, guerre che avevano ridisegnato i confini tra gli Stati, avevano visto la dissoluzione dell’organizzazione egemone per il vecchio continente, l’Impero Austro-Ungarico, e la caduta di ideologie che predicavano di differenza e supremazia.
Difficile essere ottimisti in un contesto di rovine materiali e non di rado anche morali, con due generazioni di giovani falcidiate nelle trincee, nei campi minati e nei gulag di vari colori politici.

Tre nomi, ma sono molti di più
Quando sento accostati i nomi del tedesco Konrad Adenauer, dell’italiano Alcide De Gasperi e del francese Robert Schuman non posso evitare di sentire una scossa. Costituivano un crogiolo di esperienze: De Gasperi era trentino e pertanto suddito austroungarico, mentre Schuman era nato in Lussemburgo, suddito tedesco e poi francese quando l’Alsazia Lorena venne restituita alla Francia.
Cito solo loro tre trascurandone molti altri, a partire da Altiero Spinelli che elaborò il suo Manifesto mentre era al confino a Ventotene. O nomi inaspettati quali il britannico Winston Churchill che inneggiò agli “Stati Uniti d’Europa”, dichiarazione che in tempi di Brexit si posiziona a metà tra la barzelletta e la bestemmia.
Adenauer, De Gasperi e Schuman erano la punta di un iceberg che rifletteva le aspettative – anzi: le pretese – di popoli che ne avevano abbastanza di guerre, di stermini e di devastazioni assurde e sconsiderate. Erano statisti nel senso pieno della parola perché capaci di immaginare un futuro apparentemente irrealistico, comunicarlo con convinzione e vigore assoluti e dedicare tutte le energie a conseguirlo. Niente a che vedere con politici “per tutte le stagioni” che affidano strategie e slogan (ma potrei fermarmi agli slogan) ad indagini di mercato tese a capire da che parte tira il vento alla vigilia di ogni tornata elettorale.

Avversari, mai nemici
I tre – ma possiamo allargare lo scenario a tanti altri costruttori dell’attuale Europa – nelle due Guerre Mondiali si erano trovati a combattere su fronti contrapposti. Anzi l’Italia, per non farsi mancare nulla, aveva sperimentato ambedue gli schieramenti. Erano stati avversari ma non si consideravano nemici e si sono battuti spalla a spalla azzerando personalismi e punti di vista nazionali di breve respiro per mirare ad un interesse comune proiettato sul lungo periodo.
Sinceramente da ragazzo e da europeista convinto non mi sarei mai aspettato di riuscire a vedere 27 stati uniti sotto una bandiera azzurra con dodici stelle. Però, da uomo, mai e poi mai avrei potuto pensare che, dopo un inizio scintillante, la “mia” Europa avrebbe assunto il dinamismo di una balena spiaggiata: grandissimi potenziali con zero capacità (o voglia?) di indirizzare il proprio destino lungo una direttrice comune.

Luce in fondo al tunnel?
Accendo il telegiornale e mi trovo Mario Draghi che parla da Bruxelles dicendo senza parafrasi, come nel suo stile asciutto, che è indispensabile mutare paradigma e preparare l’economia dell’Unione ad un cambiamento radicale. Se non avessi fondati timori che il suo coinvolgimento per redigere un rapporto sulla competitività dell’Ue rappresenti più che altro uno “slogan elettorale” messo su all’ultimo istante dall’ineffabile Ursula von der Leyen, avrei cominciato ad applaudire. Mi sono trattenuto notando che immediatamente Charles Michel ha risposto con Enrico Letta, chiamato a redigerne un altro sul futuro del mercato unico. Uno a uno in salsa tutta tricolore e palla al centro: non è che ai bistratati italiani tocca di salvare la UE? Scherzo, sia pure di malavoglia.
Draghi non ha potere, non ha partiti né coalizioni alle spalle, non è persona da indorare la pillola sui suoi convincimenti visto che risponde unicamente (pur con toni costantemente educati) alla sua coscienza ed alla sua inarrivabile competenza professionale. Ma se dovessi scommettere il mio ultimo centesimo, lo punterei sul fatto che le sue indicazioni – su cui, guarda caso, i riflettori sono stati rapidamente spenti – saranno concrete, precise ed attendibili. Se penso ad uno capace di dare qualche dritta per tirare fuori la balena Europa dalle secche attuali, lui è il mio candidato. Ho detto “indicare la via”, che è parecchio differente da “risolvere il problema”.
Perché, come dice qualche pessimista, la luce in fondo al tunnel potrebbe essere il faro del treno che ci sta per investire.

Alberto Delaini

Affrontare le sfide e perseguire gli obiettivi

Affrontare le sfide e perseguire gli obiettivi

Obiettivi e ostacoli nel lavoro quotidiano

le risposte di un sondaggio

Claudio Leonardi, CEO di 4Securitas S.r.l.

​La centralità del Cliente è un valore imprescindibile per ogni Azienda, di qualsiasi forma giuridica e dimensione.
Nell’ambizione di voler approfondire le reali necessità aziendali, e col fine ultimo di non limitarsi a vendere prodotti ma di risolvere problemi reali, è stato condotto un sondaggio per individuare gli obiettivi e gli ostacoli nel lavoro quotidiano delle diverse professionalità facenti parte di una struttura aziendale.
La comprensione delle sfide reali e concrete dei Clienti rappresenta la base per offrire soluzioni adeguate in grado di portare valore aggiunto e contribuire al successo aziendale e individuale.

Il sondaggio
Gli obiettivi principali emersi dal sondaggio, includono tematiche note come: migliorare i processi aziendali, ottimizzare la produzione, garantire la soddisfazione dei clienti e promuovere l’innovazione.
Tuttavia, sono anche emersi altri fattori, ugualmente importanti, come motivare il personale, migliorare i rapporti personali tra i colleghi ed efficientare il coordinamento del team.
Gli ostacoli individuati dalle diverse professionalità riguardano, invece, la deficitaria condivisione delle informazioni, gli attriti tra i colleghi e la resistenza al cambiamento da parte della proprietà.
Tra le varie sfide non potevano certamente mancare la ricerca di personale qualificato, la gestione degli imprevisti e l’eccessivo carico di lavoro.
I fattori che contribuiscono al benessere aziendale complessivo, concorrendo dunque al successo finale dell’azienda, sono molteplici.
L’innovazione è fondamentale ma non è l’unico elemento utile al raggiungimento degli obiettivi.
Per migliorare l’efficienza e la produttività essenziale che vi sia alla base una cultura aziendale:
1. fondata sulla condivisione delle informazioni;
2. che adotti tecnologie innovative e strumenti adeguati;
3. che incentivi la formazione e lo sviluppo del personale.

Business.Go, grazie alla sua fortissima specializzazione in ambito gestionale, è in grado di supportare la Tua Azienda fornendo soluzioni mirate per affrontare con successo le sfide derivanti dai primi due punti.
L’ERP Sage X3 è infatti la soluzione ottimale per semplificare i processi aziendali e migliorare il time to market, grazie alla sua completezza funzionale unita alla semplicità di utilizzo.
Sage X3 è in grado di gestire perfettamente le diverse aree di business.
È un ERP:
– altamente configurabile;
– completamente basato sul web.
La semplicità di utilizzo unita all’alta versatilità, rende Sage X3 uno degli ERP più apprezzati in Italia.
I costanti sviluppi tecnologici e funzionali garantiscono continuità di prodotto e il rilascio di costanti aggiornamenti.

 

 

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