La balena spiaggiata

L’editoriale di Breaking News!

Alberto Delaini - Delaini & Partners

C’era una volta tantissimi anni fa un’Europa tutta da costruire, con nazioni uscite dal baratro di due guerre fratricide nell’arco di soli trent’anni, guerre che avevano ridisegnato i confini tra gli Stati, avevano visto la dissoluzione dell’organizzazione egemone per il vecchio continente, l’Impero Austro-Ungarico, e la caduta di ideologie che predicavano di differenza e supremazia.
Difficile essere ottimisti in un contesto di rovine materiali e non di rado anche morali, con due generazioni di giovani falcidiate nelle trincee, nei campi minati e nei gulag di vari colori politici.

Tre nomi, ma sono molti di più
Quando sento accostati i nomi del tedesco Konrad Adenauer, dell’italiano Alcide De Gasperi e del francese Robert Schuman non posso evitare di sentire una scossa. Costituivano un crogiolo di esperienze: De Gasperi era trentino e pertanto suddito austroungarico, mentre Schuman era nato in Lussemburgo, suddito tedesco e poi francese quando l’Alsazia Lorena venne restituita alla Francia.
Cito solo loro tre trascurandone molti altri, a partire da Altiero Spinelli che elaborò il suo Manifesto mentre era al confino a Ventotene. O nomi inaspettati quali il britannico Winston Churchill che inneggiò agli “Stati Uniti d’Europa”, dichiarazione che in tempi di Brexit si posiziona a metà tra la barzelletta e la bestemmia.
Adenauer, De Gasperi e Schuman erano la punta di un iceberg che rifletteva le aspettative – anzi: le pretese – di popoli che ne avevano abbastanza di guerre, di stermini e di devastazioni assurde e sconsiderate. Erano statisti nel senso pieno della parola perché capaci di immaginare un futuro apparentemente irrealistico, comunicarlo con convinzione e vigore assoluti e dedicare tutte le energie a conseguirlo. Niente a che vedere con politici “per tutte le stagioni” che affidano strategie e slogan (ma potrei fermarmi agli slogan) ad indagini di mercato tese a capire da che parte tira il vento alla vigilia di ogni tornata elettorale.

Avversari, mai nemici
I tre – ma possiamo allargare lo scenario a tanti altri costruttori dell’attuale Europa – nelle due Guerre Mondiali si erano trovati a combattere su fronti contrapposti. Anzi l’Italia, per non farsi mancare nulla, aveva sperimentato ambedue gli schieramenti. Erano stati avversari ma non si consideravano nemici e si sono battuti spalla a spalla azzerando personalismi e punti di vista nazionali di breve respiro per mirare ad un interesse comune proiettato sul lungo periodo.
Sinceramente da ragazzo e da europeista convinto non mi sarei mai aspettato di riuscire a vedere 27 stati uniti sotto una bandiera azzurra con dodici stelle. Però, da uomo, mai e poi mai avrei potuto pensare che, dopo un inizio scintillante, la “mia” Europa avrebbe assunto il dinamismo di una balena spiaggiata: grandissimi potenziali con zero capacità (o voglia?) di indirizzare il proprio destino lungo una direttrice comune.

Luce in fondo al tunnel?
Accendo il telegiornale e mi trovo Mario Draghi che parla da Bruxelles dicendo senza parafrasi, come nel suo stile asciutto, che è indispensabile mutare paradigma e preparare l’economia dell’Unione ad un cambiamento radicale. Se non avessi fondati timori che il suo coinvolgimento per redigere un rapporto sulla competitività dell’Ue rappresenti più che altro uno “slogan elettorale” messo su all’ultimo istante dall’ineffabile Ursula von der Leyen, avrei cominciato ad applaudire. Mi sono trattenuto notando che immediatamente Charles Michel ha risposto con Enrico Letta, chiamato a redigerne un altro sul futuro del mercato unico. Uno a uno in salsa tutta tricolore e palla al centro: non è che ai bistratati italiani tocca di salvare la UE? Scherzo, sia pure di malavoglia.
Draghi non ha potere, non ha partiti né coalizioni alle spalle, non è persona da indorare la pillola sui suoi convincimenti visto che risponde unicamente (pur con toni costantemente educati) alla sua coscienza ed alla sua inarrivabile competenza professionale. Ma se dovessi scommettere il mio ultimo centesimo, lo punterei sul fatto che le sue indicazioni – su cui, guarda caso, i riflettori sono stati rapidamente spenti – saranno concrete, precise ed attendibili. Se penso ad uno capace di dare qualche dritta per tirare fuori la balena Europa dalle secche attuali, lui è il mio candidato. Ho detto “indicare la via”, che è parecchio differente da “risolvere il problema”.
Perché, come dice qualche pessimista, la luce in fondo al tunnel potrebbe essere il faro del treno che ci sta per investire.

Alberto Delaini