Espansione per acquisizione: tendenze per la Software House

Espansione per acquisizione: tendenze per la Software House

Espansione per acquisizione

oggi la Software House cresce così

quattro domande a Mario Goretti

 

Claudio Leonardi, CEO di 4Securitas S.r.l.

Il contesto che caratterizza i fornitori di soluzioni informatiche da alcuni anni sta cambiando in modo sostanziale. Due, tra gli altri, sono i driver di questa trasformazione:
– la domanda delle aziende clienti che cercano un partner in grado di supportarle a 360°, sia in termini applicativi (ERP, BI. Gestione documentale, CRM e moltissimo d’altro) che tecnologici (dagli interventi sistemistici alla security, considerando che sono sempre più rare le figure interne con competenze approfondite ed articolate) e quindi privilegiano software house ben strutturate
– i fenomeni di accorpamento (fusioni, acquisizioni) che stanno cercando di rendere meno lillipuziano e frazionato il panorama dell’offerta.
Ne parliamo con Mario Goretti, Amministratore Delegato di Agomir S.p.A., per farci raccontare i passi ed i perché della loro trasformazione.

La vostra azienda ha una lunga storia nel mondo dell’IT e, dopo aver mantenuto inalterate le proprie caratteristiche ed il proprio modo di operare per parecchi lustri, si è orientata verso una politica di espansione realizzata anche attraverso acquisizioni. Ci vuoi raccontare come è avvenuto?

Agomir S.p.A. è da qualche anno l’azienda operativa del Gruppo G.R. Informatica, fondato a Lecco nel 1981 da mio padre Lorenzo. Da sempre, oltre alla crescita organica, abbiamo cercato di allargare i nostri orizzonti mediante acquisizioni: per esempio è stata molto importante nel 2002 quella di Zecca S.p.A., storico player nel mondo IBM.
Più recentemente abbiamo inserito nel nostro gruppo Supertronic di Milano, Celtis di Bologna e Punto Sistemi di Bergamo, raggiungendo così i 20 milioni di fatturato con oltre 100 specialisti in ambito ICT.
In oltre 40 anni di storia, alcune operazioni sono andate bene, altre meno, come è normale che sia, sempre considerando che il fattore umano e le dinamiche del mercato sono due elementi non banali da gestire.
La strada è comunque tracciata, ovvero proseguiremo con questo modello, agendo comunque in modo sostenibile, seguendo cioè quel “passo alpino” che ci ha sempre contraddistinto.

Normalmente quando si parla di acquisizioni nel mondo informatico vengono alla mente i classici nomi di Zucchetti, TeamSystem o Var Group che da parecchio tempo perseguono una strategia di crescita realizzata attraverso l’acquisto di altre società, magari in precedenza loro distributori. Agomir mi sembra che porti avanti un piano analogo, peraltro realizzato su scala e con metodologie differenti. Oppure mi sbaglio?

Le aziende citate sono dei colossi, dei riferimenti per il panorama informatico nazionale, e dispongono di mezzi importanti a supporto di un approccio finanziario nelle dinamiche di M&A.
Il nostro modello di crescita per acquisizioni è più orientato a dimensioni che definirei “umane”, prediligendo la valorizzazione delle persone e delle competenze esistenti nelle aziende target, con l’obiettivo anche di salvaguardare la continuità operativa dei clienti, limitando eventuali “traumi” che queste azioni possono portare con sé, dando sempre priorità al benessere quotidiano delle persone coinvolte.

Un curiosità: che cosa avviene all’interno della struttura acquisita? Quali sono i cambiamenti e le fasi di formazione che portate avanti per favorire un rapido amalgama con voi?

Dopo una prima fase di approfondimento e assestamento, tendiamo a creare alcune sinergie operative su prodotti o progetti comuni, identificando anche le risorse economiche e soprattutto umane necessarie al raggiungimento degli obiettivi.
Per noi è fondamentale non solo aumentare le competenze del personale esistente attraverso opportuni piani formativi, ma anche inserire nuove figure in grado di gestire il cambiamento ed eventuali accelerazioni in modo più focalizzato, preservando comunque un equilibrio tra il passato ed il futuro dell’azienda acquisita.
Compito mio e del management è quello di portare anche nelle nuove realtà i valori cardine di Agomir ereditati da G.R. Informatica, tra cui gentilezza, responsabilità e cura del cliente.

Un ultimo aspetto, peraltro niente affatto banale. Che cosa succede alle aziende clienti della realtà acquisita? Quali sono le loro preoccupazioni e, viceversa, i vantaggi che riescono a percepire nella fusione?

Le aziende clienti sono sostanzialmente “sacre”, ovvero devono essere tutelate e accompagnate in un processo evolutivo solo laddove oggettivamente necessario e comunque desiderato da tutti gli attori coinvolti. Siamo molto pragmatici e trasparenti nei loro confronti, anche mediante incontri mirati per illustrare i percorsi ipotizzati, raccogliere problemi da risolvere, ma anche spunti utili ad indirizzare il nostro operato, che non può essere monodirezionale.

 

Mario Goretti
Amministratore Delegato di Agomir Spa

 

 

 

 

Poeti, santi, navigatori ed olimpionici

Poeti, santi, navigatori ed olimpionici

Poeti, santi, navigatori ed olimpionici

L’editoriale di Breaking News!

Alberto Delaini - Delaini & Partners

Certo, noi italiani siamo un popolo decisamente strano. Abbiamo una storia millenaria fatta di civiltà e cultura e forse non ci rendiamo conto che possediamo pure la massima concentrazione di opere d’arte ed architettoniche che esista al mondo. Come non bastasse, la sorte ci ha posizionati al centro del Mediterraneo e gratificato di ogni varietà in termini di panorama, dai ghiacciai delle Alpi alle spiagge del Salento.
Poi la nostra buona stella si è un po’ appannata, lasciandoci la responsabilità di decidere la classe politica e di preoccuparci della buona gestione della cosa pubblica. E lì non è che sempre ci siamo dimostrati i primi della classe.

Medaglie di legno
Ma le lamentazioni non portano da nessuna parte, è passato da poco (anche se sembra un secolo) il momento dei peana, dei canti di vittoria. Le Olimpiadi di Parigi sono dietro le spalle, le acque della Senna possono tranquillamente tornare coltura di virus ed un poco alla volta si sono spenti pure gli “assalti alla diligenza” di funzionari sportivi ed esponenti politici che reclamano meriti – immaginari o meno – sulla messe di medaglie che abbiamo riportato in madrepatria.
Un particolare mi ha colpito e, se consentite, commosso. Il nostro Presidente Sergio Mattarella, una volta di più, ha messo in evidenza una sommessa ma sempre decisa attitudine a vedere le cose da una prospettiva particolare, una prospettiva estremamente umana e diretta. Ha invitato al Quirinale non solo gli atleti – olimpici e paralimpici vorrei sottolineare – che una medaglia la tengono orgogliosamente al collo ma pure quelli che sono arrivati quarti. La cosiddetta “medaglia di legno” (ne abbiamo fatto una vera raccolta: ben 25 se non ricordo male!) per una volta tanto non rappresenta la maledizione di una sconfitta ma la sottolineatura dell’impegno di chi, comunque, si è issato molto vicino all’Empireo mondiale nella propria specialità. Abbiamo letto di polemiche tra atleti che l’hanno accolta come un grande successo personale – bravissimi! – e di altri che ne hanno contestato la celebrazione sostenendo in sostanza che o vinci o non sei assolutamente nessuno.
Dall’alto del mio personale carnet sportivo, drammaticamente disadorno anche rispetto al livello minimalista in cui mi sono trovato a competere, parteggio decisamente per i primi perché le sconfitte e le vittorie nelle competizioni, parimenti incruente e senza conseguenze esiziali, mi hanno sempre insegnato qualcosa e fatto più uomo.

Cittadinanza
Un’altra osservazione in tempi di jus scholae. Per semplificare, mi limito unicamente ai volti ed ai nomi e cognomi delle ragazze che hanno fatto scempio di qualsiasi avversaria nel torneo olimpico di pallavolo. Senza esagerazione ci troviamo a sfogliare un intero atlante geografico che parte a buon diritto da Julio Velasco, il loro coach venuto dall’Argentina. Ce ne sono di nate all’estero, di nate in Italia da uno o entrambi i genitori di altri Paesi o altri Continenti, insomma un’armata policroma che ha intonato all’unisono l’inno di Mameli.
Da ragazzo mi è capitato di restare un periodo a Parigi ed il primo elemento di stupore è consistito nell’incrociare di continuo nei Boulevard persone di colore, indiani e persino cinesi. Era il 1963, mica ieri, e nella mia Verona capitava veramente di rado di vedere qualche ragazzo nero, ma solo ed esclusivamente con la divisa dell’esercito statunitense che aveva lì una importante base. Oggi miei nipoti hanno in classe dal 30 al 50% di compagni provenienti da mille Paesi del mondo e li invidio, perché considero questo fatto una incredibile forma di arricchimento personale e culturale. Sempre che questo incontro avvenga con la mente aperta, la stessa che dimostrano ragazzi e ragazze neri che parlano con il cantilenante accento veneto, indù che si esprimono in perfetto bergamasco o cinesi che sfoggiano un morbido accento toscano.
Tutte le statistiche affermano che l’Italia sta invecchiando, che le aziende non trovano giovani da assumere, che non abbiamo badanti ma nemmeno infermieri e via andando. Tante criticità che riempirebbero un volume. Aggiungo che mi piacerebbe un sacco che la cittadinanza dispensata a piene mani a chi dimostra talenti sportivi fosse attribuita (con logica severa, regole chiare ma anche senza tirchieria) a tutti quelli che arrivano in Italia e dimostrano di adottarne le leggi, la cultura e pure qualche tradizione locale. Tra gli sportivi cito l’esempio di Andy Diaz Hernandez, la “nostra” medaglia di bronzo nel triplo maschile. Senza l’atletica sarebbe ancora a Cuba e sottolineo che quella di Parigi è stata pure la sua prima performance con indosso la maglia azzurra. Viene allenato da Fabrizio Donato, bronzo alle Olimpiadi di Londra nel 2012, cui l’allievo “irriconoscente” ha pure tolto il primato italiano nonostante il suo mentore si fosse esposto al punto da ospitarlo in casa propria. Una chicca: a Parigi l’hanno battuto solamente lo spagnolo Jordan Alejandro Díaz Fortun (oro) ed il portoghese Pedro Pichardo (argento). Entrambi nati a Cuba.

Concludo con una precisazione pedante. Il termine Olimpionico – che ho citato per semplicità nel titolo – indica esclusivamente gli atleti che le Olimpiadi le hanno vinte, non gli altri che vi hanno semplicemente partecipato o si sono classificati nelle più basse posizioni del podio. Sento di doverlo al mio indimenticato professore di Greco, che lo sottolineava sempre e con piccato puntiglio.

Alberto Delaini

E’ nato prima il Cliente o il Fornitore?

E’ nato prima il Cliente o il Fornitore?

E’ nato prima il Cliente o il Fornitore?

riflessioni ad alta voce sulle situazioni di mercato

 

Claudio Leonardi, CEO di 4Securitas S.r.l.

Di primo acchito, può essere una domanda mal posta. La domanda simile nella forma “ E’ nato prima l’uovo o la gallina?”, rivela un profondo distinguo nella sostanza.
All’origine (siamo nella preistoria) il Cliente probabilmente coincide con il Fornitore, in quanto il Cliente stesso si procura le risposte alle proprie esigenze, però possiamo soffermarci e provare a distinguere il cliente dal fornitore con questa definizione generica
Cliente: un individuo o un’organizzazione che acquista beni o servizi da un’altra azienda.
Fornitore: un individuo o un’organizzazione che vende beni o servizi a un’altra azienda.
In questo senso, i fornitori sono nati prima dei clienti. Infatti, fin dai tempi antichi, gli esseri umani hanno barattato beni e servizi tra di loro. Le prime forme di commercio erano basate su relazioni dirette tra individui o piccole comunità, dove chi produceva un bene o un servizio lo scambiava con chi ne aveva bisogno.
Nel corso del tempo (possiamo saltare qualche millennio), poi, si è creata una vera differenza, e direi anche una grande frattura tra il Cliente e il Fornitore. Spesso si è arrivati a considerazioni di “guerra dei prezzi” e di competizione tra le due parti. Esattamente agli antipodi rispetto alla genesi.

Il mercato però è cambiato

Ora il mercato impone non solo una partnership, ma una vera condivisione di obiettivi; è il momento di metabolizzare che il Cliente coincide con il Fornitore e a nessuno giova far perdere tempo all’altro. Se alimentiamo un sistema virtuoso e riusciamo ad eliminare l’attuale sistema, direi, vizioso, possiamo produrre più valore materiale e valore immateriale. Si vince insieme e si perde insieme

Facciamo una divagazione

Abbiamo anche Il Cliente che è presente alla medesima azienda, pensiamo ad es. al ruolo delle persone coinvolte a monte e a valle nel processo produttivo. E qui ci sarebbe il capitolo del cliente interno e della cultura della reciproca fiducia per essere un vero team.
Se aggiungiamo alla fiducia, la passione e la competenza, costruiamo l’organizzazione in grado di competere oggi e soprattutto domani
Ma questa è un’altra puntata, quindi per ritornare sul tema, perché non chiediamo all’AI?
Quindi, …. chiediamo all’AI: è nato prima il cliente o il fornitore ?

1. Contesto Storico e Economico. Storicamente, si può argomentare che il fornitore esisteva prima del cliente. Questo perché, in una società primitiva, chiunque producesse un bene (ad esempio, un contadino che coltiva grano) diventava automaticamente un fornitore. Solo successivamente, con l’evoluzione del commercio e della società, è nata la figura del cliente, che è colui che acquista o scambia beni e servizi.
2. Contesto di Creazione di un’Impresa. In questo contesto, un’azienda potrebbe essere fondata prima di avere clienti effettivi. In altre parole, un fornitore o un produttore potrebbe iniziare a produrre beni o servizi in previsione di attrarre clienti. Tuttavia, dal punto di vista del mercato, è spesso la domanda del cliente che guida l’esistenza del fornitore; senza una domanda, non ci sarebbe necessità di un’offerta.

 

 

Un conflitto invecchiato male

Un conflitto invecchiato male

Che cos’è un UDE? Un conflitto invecchiato male!

evitare la condizione di stallo nei conflitti aziendali

 

Che cos’è un conflitto secondo la TOC?

È una situazione reale in cui due persone o due gruppi di persone o due aziende assumono posizioni antitetiche, mutuamente esclusive. Una situazione, dunque, che blocca il flusso, che si tratti di un flusso di materiali, di ordini, di denaro, di informazioni, di progetto o di una trattativa. Una situazione di stallo totale nella quale sono “imprigionate” entrambe le parti.

Di fatto stiamo dicendo che un conflitto è equivalente a un vincolo, essendo il vincolo un fattore che limita un sistema (due persone, due gruppi, una o più aziende) nel raggiungimento del suo obiettivo.

Il conflitto va risolto, non sopportato

Risolvere un conflitto secondo la TOC, e anche la logica, non significa andare avanti a costo di qualunque compromesso, significa trovare una strada radicalmente diversa da entrambe le posizioni antitetiche. Quello che succede nella pratica invece è che si va avanti, di fatto si accetta tacitamente o meno un “compromesso” tra le due posizioni, compromesso che non soddisfa nessuno ma siccome non possiamo mica stare fermi si manda giù.

Il conflitto mica sparisce, anzi, non avendone rimosso le cause, si ripresenta più tosto di prima. E se la strategia è sempre la stessa, inghiottire qualunque compromesso pur di andare avanti, è facilmente comprensibile come dopo un po’, quando il conflitto è invecchiato abbastanza si manifesti nel suo splendore un UDE (effetto indesiderato), quello che in slang aziendale si chiama un merd…; un problema cronico insomma a cui tutti fanno velocemente il callo perché il buon senso suggerisce che ”questo problema ce l’abbiamo da un sacco di tempo, è evidentemente insolubile perché se ci fosse la soluzione l’avremmo già trovata” (sentita realmente in un’azienda mica tanto piccola alla metà degli anni 2000).

Stiamo dicendo che, se partiamo dagli UDE che si manifestano in una azienda allora con una sorta di “reverse engineering” possiamo risalire ai o meglio al conflitto che li ha generati. Per operare questa operazione di “reverse engineering” la TOC offre uno strumento potentissimo che si chiama CRT (Current Realty Tree).

Per tornare a Goldratt …

Come scritto nella Prefazione alla edizione italiana di The Goal:

Quando il libro (The Goal) fu scritto, Goldratt non aveva i mezzi per spiegare il modo con cui aveva sviluppato la sua soluzione, semplice ma allo stesso tempo radicalmente innovativa, al problema della produzione. A lui e al suo team ci vollero più di dieci anni per sviluppare una metodica completa ed un set di strumenti che permettessero ad ogni manager di costruire soluzioni “sensate” e comunicarle ai propri collaboratori (questi strumenti sono denominati Thinking Processes Tools – Strumenti a Supporto dei Processi di Pensiero).

Quanto di meglio Goldratt ci abbia lasciato in eredità.
Volete un piccolo esempio di compromessi cioè di conflitti mai risolti che diventano problemi?

  •  le policies degli sconti di sell-out: conflitto irrisolto causato dalle pratiche di push dello stock dai dealer
  • le policies degli sconti di sell-in: cucchiaino di zucchero per ingurgitare la medicina amara dello stesso conflitto di cui sopra più il conflitto dei fine mese (se non fatturi come dice il budget sei punito…per fatturare rinunci alla marginalità)
  • le policies sui margini dei prezzi di vendita: conflitto irrisolto causato dall’utilizzo centennale delle pratiche del cost accounting…

Microsoft: chi ne preferisce gli ERP?

Microsoft: chi ne preferisce gli ERP?

Microsoft: chi ne preferisce gli ERP?

D&P: analisi di mercato

Alberto Delaini - Delaini & Partners

Microsoft costituisce un ambiente estremamente produttivo per realizzare soluzioni applicative dotate di un’interfaccia semplice e funzionale. Un secondo, importante, vantaggio è di poterle integrare in maniera nativa con gli strumenti di produttività individuale con i quali tutti gli utenti hanno una consolidata confidenza.

Questi sono alcuni dei motivi per cui la realizzazione di un ERP tende a privilegiare ormai da parecchi anni – i primi esempi risalgono alla seconda metà degli anni ’90 – la piattaforma Microsoft.

Ancora una volta utilizziamo per questa analisi statistica i data base della Delaini & Partners nei quali possiamo trovare un importante spaccato relativo ai sistemi informativi delle aziende italiane, in particolare di quelle con fatturato superiore ai 5 milioni di Euro che sono circa 30.000.

Il campione esaminato
Il campione preso in esame per questa analisi  è di 4.379 Aziende di tutte le Regioni d’Italia che utilizzano Microsoft per il loro ERP.
Dell’80% di queste conosciamo anche nello specifico la soluzione che è stata adottata e che spazia dai prodotti di taglio internazionale (tipo Sap BO o Navision, per caratterizzarlo con il nome ormai obsoleto ma famigliare ai più) a quelle realizzati in Italia e diffusi sia a livello nazionale che locale.

Alberto Delaini
Email: alberto@delainipartners.it 
Cell.: +39 348.2624906.

 

Indicazioni geografiche
Partiamo dal posizionamento sul territorio nazionale suddividendo l’Italia in tre macro aree (Nord, Centro, Sud più Isole) perché la densità di aziende e, di conseguenza, di installato, varia di parecchio .

 

Scendiamo poi nei dettagli suddividendo le macro aree per Regione e questo è il risultato.

A questo punto può essere utile inserire un parametro di confronto. Come si posizionano, in termini geografici, gli ERP Microsoft rispetto alla concorrenza? Dove sono riusciti ad ottenere proporzionalmente i risultati migliori?

Abbiamo pensato di inserire un faccia a faccia tra la presenza di ERP Microsoft e quella di ERP su piattaforma As/400-IBM i. Fatto 100 l’installato di ciascuno dei due in Italia, abbiamo calcolato le percentuali per Regione e poi abbiamo  fatto un confronto: in BLU sono le regioni in cui la presenza IBM è maggiore (non in termini assoluti, solo in termini percentuali sul totale Italia!), mentre in ROSSO quelle dove il bilanciamento è a favore di Microsoft. Non è un dato da prendere troppo sul serio, piuttosto va considerato come una curiosità che comunque indica in quali Regioni sono stati fatti gli sforzi commerciali maggiori dai due antagonisti.

Interessante la penetrazione proporzionalmente più forte di Microsoft in Regioni dai tessuti imprenditoriali molto differenti tra loro: dalla Lombardia al Trentino Alto Adige, dalle Marche alla Puglia.

Settori Merceologici

Passiamo alla penetrazione per macro settori merceologici. Qui il fattore che più incuriosisce è che l’installato nella Distribuzione è sostanzialmente analogo a quello dei Servizi. Di sicuro una caratteristica degli ERP Microsoft (ce lo dimostrano analisi più di dettaglio che qui evitiamo per non annoiare) è quella di aver approntato soluzioni “verticali” molto efficienti per numerosi segmenti  del mondo delle aziende di servizi. Vediamo i numeri.

Passando ai Micro Settori, per quanto riguarda le Aziende Manifatturiere i primi nella classifica percentuale sono:

 

Direi che non vedo elementi meritevoli di riflessione. Metalmeccanico, Alimentari ed Elettrico-Elettronico si evidenziano ai primi posti, mentre il Manifatturiero generico è troppo ampio per considerarlo.

Se ci spostiamo al settore della Distribuzione, questi sono i numeri:

I settori Elettrico-Elettronico e Commercio (abbiamo raggruppato per semplicità il dettaglio con l’ingrosso, tenendo a parte solo la GDO) si battono praticamente alla pari per il primo posto seguiti a breve distanza da Alimentari e Metalmeccanico.

Chiudiamo con il mondo delle Società di Servizi che offre questi numeri:

Il primo riferimento percentuale chiarisce, almeno in parte, il perché del sostanziale pareggio tra l’installato ERP Microsoft nella Distribuzione e nei Servizi. Il peso del segmento che raccogli imprese di Logistica e Trasporti (oltre il 66%!) è veramente incredibile e mostra come le soluzioni predisposte dai Partner Microsoft, che qui possono sfruttare al massimo la compatibilità con strumenti di informatica individuale e con dispositivi Mobile, si siano dimostrate eccellenti.

Ci fermiamo qui, almeno per il momento. Se ci verranno sollecitazioni in questa direzione, potremo continuare e approfondire il discorso nel prossimo numero.