Te la do io la sicurezza …

 

L’editoriale di Breaking News!

Alberto Delaini - Delaini & Partners

Ebbene sì, lo confesso. Mi piacciono i film di spionaggio, anche quelli ostentatamente poco credibili e incentrati sulle gesta di piccole gang senza paura e senza pudore che attraverso qualche idea geniale arrivano ad impadronirsi dei segreti meglio custoditi per trarne profitto.

Ciononostante …
Ciononostante sono rimasto letteralmente allibito nel leggere di come personaggi che, da curriculum, pensavo avessero tutt’altri interessi e tutt’altri obiettivi si sono ritrovati sbattuti in prima pagina per una Spy Story degna del migliore John Le Carré che, per lo meno, aveva servito nei Servizi Segreti britannici durante la Guerra Fredda.
I fatti – o, per essere più precisi, le anticipazioni fornite in conferenza stampa dal Procuratore di Milano Marcello Viola – raccontano di società di investigazioni private che entrano senza incontrare ostacoli negli ambienti più disparati e protetti, tutti studiati e realizzati per custodire informazioni riservatissime. Gli hacker pescano dati a piacere e magari ci mettono un Troyan qua e là per assicurarsi un accesso senza vincoli e drenare spudoratamente qualsiasi cosa ritengano utile, o magari solo promettente, per farci del business. Tradotto: venderlo e guadagnarci una paccata di soldi. Non sono stati mandati da Putin o Xi Jinping o da Kim Jong Un, non sono mafiosi o collegati alla criminalità organizzata (almeno lo spero). Fa un certo effetto scorrere la lista dei loro (supposti?) clienti: stando alle anticipazioni dei PM, tra spioni e committenti troviamo ex poliziotti, amministratori delegati, imprenditori, banchieri, un magistrato. Ma da chi hanno saputo di questa opportunità? L’hanno letto su Il Sole 24 Ore? Ancora più istruttivo – e deprimente – dare un’occhiata all’elenco di chi è stato spiato e perché.

Proposta
Adesso l’istruttoria e il successivo processo inizieranno il proprio lento iter, in questo caso lentezza suggerita dalla complessità del problema e dalla necessità di capire non soltanto chi ha fatto che cosa ma anche chi non ha vigilato con adeguata solerzia. Difficile, estremamente difficile, risalire a chi ha commissionato le imprese dei nostri arditi (e sfrontati) hacker e a chi ne ha tratto beneficio. Non invidio il compito di chi dovrà far luce sulle responsabilità, perché è estremamente probabile che si scontrino con il muro di gomma dei “non ricordo” e … “se c’ero, dormivo”. Anche senza fare della dietrologia, è evidente che la ragnatela di interessi e corresponsabilità non è affatto semplice da decrittare. Fin dai tempi degli antichi Romani c’era un detto inquietante, ancora di estrema attualità: “quis custodiet custodes?” cioè chi controllerà i controllori? Quindi, alla faccia delle normative, dei GDPR e dei consigli ministeriali che in TV ammoniscono le aziende a migliorare la protezione dei propri dati, i grandi Soloni delegati e stipendiati per custodire i segreti più segreti dello Stato e dei cittadini pare che, nell’ipotesi più benevola, non si siano dimostrati all’altezza. I politici la ricetta l’hanno individuata in un baleno: invece di interventi tecnologici, basta inasprire le pene. E qui mi fermo.
Mi piacerebbe pensare ad una specie di “pena del contrappasso”, come direbbe Dante. Visto che i nostri intraprendenti eroi hanno dimostrato di saperci veramente fare, pescando da un sacco di banche dati, incrociando i risultati e analizzando in un baleno le situazioni e gli scenari, perché non impiegarli produttivamente al Ministero delle Finanze? No, non al posto dell’impegnatissimo Giorgetti che si batte indefessamente per conciliare le nozze di chi sperpera i soldi di tutti con i fichi secchi delle entrate fiscali. Piuttosto in una qualche divisione creata ad arte per combattere finalmente con efficacia l’evasione fiscale, quella specie di anguilla di cui tutti parlano ma nessuno riesce ad intrappolare e forse nemmeno a contrastare. Così da una parte li teniamo impegnati fino alla sentenza di terzo grado, dall’altra è possibile che ci aiutino a riportare nella voce “Entrate” qualche vagonata di miliardi. In fondo, non leggiamo che negli Stati Uniti i migliori hacker, invece che seppellirli in galera, se li portano a casa FBI, CIA e compagnia bella?

Conclusione fuori tema
Dopo aver scherzato – a dirla tutta con l’amaro in bocca – meglio chiudere con un messaggio che, a dispetto dell’apparenza, può restituirci serenità e tanta fiducia nel futuro.

Vorrei ricordare Sammy Basso, una persona che avrei tanto desiderato incontrare e che si è inerpicata giorno dopo giorno con serenità e testardaggine per un cammino assolutamente particolare, sempre in antitesi con quelle che sono le quotidianità minime di un bambino, poi di un ragazzo, infine di un uomo. Lui è nato già vecchio e il suo fisico non gli ha concesso di gustare esperienze che diamo assolutamente per scontate. Mi ha sempre trasmesso un senso di equilibrio e di profondissima umanità. Ha percorso la sua vita in maniera assolutamente lineare, senza lasciarsi influenzare dalla sua peculiarità, concludendo gli studi con una laurea in Scienze Naturali seguita da una specializzazione in Molecular Biology e tutto a tempo di record, forse perché era conscio che la sua unità di misura degli anni non era la stessa di tutti gli altri. Ed ha gestito la sua particolarità guardando soprattutto agli altri, se a vent’anni ha costituito una associazione per lo studio della sindrome di Hutchinson-Gilford (HGPS), detta Progeria perché genera un invecchiamento estremamente precoce.
Ha concluso la sua esistenza di quaggiù a 28 anni al termine di una festa alla vita, quella delle nozze di amici che lo ricordano citando “il privilegio di aver condiviso una parte del nostro viaggio con lui”. Non è il caso di aggiungere parole.

 

Alberto Delaini