La Ferrari e le elezioni

L’editoriale di Breaking News!

Alberto Delaini - Delaini & Partners

Domenica non mi è passato nemmeno per l’anticamera del cervello di accendere la televisione per guardare – magari a sprazzi o sonnecchiando ogni tanto sul divano – il Gran Premio di Spagna di Formula Uno.
“Sto diventando vecchio …”, ho pensato e magari sarà anche un po’ vero.
Ci ho riflettuto e mi sono reso conto di un fatto che non credo sia circoscritto ai miei interessi o alla mia età. Non è che non l’ho guardato perché le mie amate Ferrari erano indietro nella griglia di partenza e si annunciava una giornata grigia (sportivamente) come grigio (meteorologicamente) era il cielo tutt’altro che estivo. In fondo mi ero comportato nel medesimo modo anche due Gran Premi fa, quando la pole position di Charles Leclerc a Montecarlo faceva ben sperare in un successo, come in effetti è stato. No, la realtà è che l’automobilismo di questo tipo non mi scalda più, forse perché troppo prevedibile negli esiti e molto di più perché nessuno riesce mai a fare un sorpasso decente che sia uno. Quindi mi dedico ad altro.

Cambiando scenario
Mi è venuto in mente che forse la medesima abulia coglie il sottoscritto – e magari qualcun altro – nei confronti della politica e più in particolare delle elezioni. Basta un’occhiata ai dati di affluenza alle urne.
Niente pessimismo né disfattismo, per carità. Il fatto è che molta parte della comunicazione politica si basa oggi, non esclusivamente in Italia, sull’aggressione feroce all’avversario tramite affermazioni ed insinuazioni che non sentono il bisogno di essere supportate da argomentazioni oppure elementi concreti, tangibili. Sorvolo sulla frequenza di accuse assolutamente immotivate e sulle  calunnie gratuite.
Evidentemente siamo entrati anche qui nell’era degli haters, dei “leoni da tastiera” che azzannano stando ben nascosti  nell’anonimato, ma mi pare grave che quelle che escono sui media più che notizie assomiglino non di rado alle “veline” della Stasi o del KGB. Perché anche in politica il contraddittorio con gli avversari e le risposte esaustive a domande precise, qualche volta pure intelligenti, sembrano considerati fuori moda, superflui. Sorvolando sull’aspetto che sono estremamente rischiose per chi non abbia argomenti o convinzioni solide nel suo bagaglio. Meglio un bel video infiocchettato e ritagliato da una regia sapiente.
Il tutto però porta ad un triste risultato: non ci si “scalda” più e non si discute (tra amici, in famiglia, sul lavoro, a scuola) sulle proprie idee per confrontarle e metterle a fuoco, anche in confronti animati, con quelli che amiamo e stimiamo. E si rischia di cadere un po’ tutti nella squallida banalità del “tanto sono tutti uguali, tanto non cambierà nulla” per giustificare un’inerzia che puzza tanto di vigliaccheria.

Impariamo dai Rapper …
Mi ha colpito una recente intervista ad un cantante giovane e conosciuto, anche se io non sapevo proprio chi fosse. Ma in materia non faccio testo.
Ha chiuso con una affermazione da brividi: “Tra i miei amici non c’è nessuno che voti o vada in chiesa”.
Sono rimasto basito non tanto per la frammistione, comunque del tutto pertinente, tra sacro e profano, quanto per la shoccante sintesi di un’epoca: stiamo bene (esclusivamente in una certa parte di società e di nazioni, sia chiaro), guardiamo solo all’oggi perché “del doman non v’è certezza” (copyright by Lorenzo de’Medici, più o meno seicento anni or sono), degli altri non ce ne frega niente perché è più comodo lasciarli fuori dai nostri orizzonti mentali e dalle nostre responsabilità. Sì, credo di poter dire che statisticamente non ce ne frega niente e scusate il francesismo.
Il primo a recitare il mea culpa decisamente sono proprio io.

Alberto Delaini