Educare alle relazioni

una civiltà basata sugli scontri non fa bene a nessuno

Alberto Delaini - Delaini & Partners

Il progetto Ministeriale “Educare alle relazioni”, indispensabile in sé, ha avuto un primo stop a causa dell’insurrezione del popolo di destra, per la candidatura a garante di Paola Concia, insieme ad altre due persone di altra estrazione politica e sociale. Nessun intento polemico, sono semplicemente fatti.

E’ urgente il dialogo
Ma è proprio il dialogo, il confronto anche animato e ben argomentato che renderebbe la scuola migliore nell’educazione alle relazioni. E forse, la politica non dovrebbe entrare nelle scuole se non per finanziare adeguatamente la scuola pubblica e pagare meglio gli insegnanti!
Invece, condivido profondamente l’idea di coinvolgere le associazioni per contrastare la violenza, quelle sportive, quelle culturali e gli stessi genitori, perché non si può attribuire alla scuola un carico enorme, che dovrebbe essere ripartito tra queste diverse entità sociali e educative.
Il punto è come lo si farà…

Conoscere sé stessi
Dopo migliaia di ore di formazione all’Università, di coaching con ragazzi in difficoltà nelle scuole superiori, e con adulti in vari contesti organizzativi, credo fermamente che conoscere sé stessi sia la chiave di volta per crescere in modo equilibrato, imparando a gestire le proprie emozioni: la paura, la rabbia, la prepotenza…
Per realizzare questo primo, fondamentale obiettivo, occorre, secondo me, un approccio maieutico: si dovrebbe, cioè, partire da loro, i ragazzi e le ragazze, fin dalla scuola media inferiore (se si potesse anche fin dalle elementari) facendo vivere a loro esperienze di vita concreta, attraverso video e simulazioni, giochi di ruolo e confronto, perché “lezioni frontali” di Educazione alle Relazioni non sortirebbero alcun effetto, se non la noia.

Le tecnologie ci sono tutte
Abbiamo la possibilità di usare tecnologie orientate all’obbiettivo, come ad esempio scene tratte da film, video costruiti ad hoc per far vivere emozioni quali l’empatia, la solidarietà, ma anche la rabbia e la frustrazione, per imparare a gestirle e a farne tesoro.
Le reazioni raccolte dalle risposte individuali dei ragazzi sarebbero poi discusse in classe con i docenti, ognuno anche attraverso le sue materie, dalla letteratura, alla storia, alla scienza al pensiero dell’antica Grecia che ha costituito una parte fondamentale dell’immaginario occidentale: trenta ore sono forse troppo poche per l’educazione alle relazioni…
Quindi non si tratta di didattica a distanza, perché il percorso si svolgerebbe in classe, dapprima con una fruizione individuale, ma poi in un confronto anche animato in classe.
I ragazzi sarebbero invitati a dire cosa avrebbero fatto in quella situazione, identificandosi con un protagonista piuttosto che con un altro. L’ingaggio sarebbe molto forte e, con la guida degli insegnanti, in un primo tempo supportati da psicologi dell’età evolutiva, si potrebbero avviare dei piani di crescita personale, imparando a rispettare il diverso, il più debole, il femminile.
Perché, purtroppo, anche le ragazze possono essere “bulle” verso altre ragazze, o verso ragazzini più piccoli… La violenza dovuta all’ incapacità di gestire le proprie emozioni, di affrontare i propri limiti, le proprie debolezze sfruttando quelle delle altre/i, è in ognuno di noi, che sia maschio o femmina.
Certo, in una società di per sé stessa violenta, in cui ognuno è manipolato e pesantemente “orientato” nelle proprie scelte, non è facile trovare la propria strada, consapevole e libera.

Silvia De Martino
Mondi Possibili
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