Le Best Practices sono come il karaoke?

si tratta di strumenti utili o no? dipende …

 

Nel 2006 Jonas Ridderstråle e Kjell A Nordström, professori alla Stockholm School of Economics scrissero un libro “Karaoke Capitalism” (https://francoangeli.it/Libro/Karaoke-capitalism.-Distinguersi-per-vincere-la-sfida-della-competitivit%C3%A0?Id=14270) nel quale sostenevano una tesi che si può sintetizzare così: “Le business school, il benchmarking e le best practice hanno trasformato l’intero mondo del commercio in un supergruppo di aziende karaoke che si copiano a vicenda, proponendo un modello che rischia di non reggere alle sfide di un mondo dominato dal darwinismo economico, dove la sopravvivenza dipende dalla capacità di usare le imperfezioni del mercato a proprio vantaggio, dall’essere in grado di percepire le imperfezioni dell’uomo, seducendo o tranquillizzando il consumatore.”
Il dibattito sull’utilità positiva o negativa delle Best Practices dura da sempre.
Non spetta a me decidere e non voglio fare l’ennesimo elenco di pro e di contro. Anche perché è evidente che questo elenco può variare in funzione dell’azienda in cui ci si imbatte.
Se l’azienda è priva di prassi consolidate, è event driven (termine elegante per dire che fanno le cose come gli vengono all’istante) le best practices portano certamente alcuni vantaggi.
Se l’azienda è iper burocratizzata le best practices (alcune di esse) probabilmente avranno una cattiva fama e tendenzialmente saranno ignorate, smettendo così di produrre i vantaggi per cui sono state introdotte e probabilmente produrranno svantaggi.
Il dibattito sulle “best practices” è perfetto come esempio per suggerire un paio di strumenti TOC che aiutano a sciogliere un dilemma dato un caso specifico.
Uno dei pilastri della TOC dice che i conflitti non esistono realmente, sono il risultato di assunti o di circostanze. Per uscire dalla trappola “mentale” o “organizzativa” in cui ci imprigionano un conflitto il primo strumento inventato da #Goldratt fu la nuvola di conflitto.
Vi riporto la nuvola di conflitto (senza assunti) costruita sul caso “best practices”, solo per mostrare com’è fatta.

Scritta così non dirà nulla a nessuno con grande probabilità. La nuvola di conflitto dice molto SE E SOLO SE la scrivete su un caso che vi riguarda da vicino e alla cui soluzione tenete molto.
La nuvola di conflitto è uno strumento potente che richiede però una grande capacità di astrazione e focalizzazione. Siccome se ne consiglia l’uso in situazione importanti che sono per definizione ad alta tensione emotiva a volte non è facile garantire focalizzazione e astrazione.
Come scrive mirabilmente Richard E. ZULTNER in un recente documento, la Matrice del Cambiamento è uno strumento della TOC utile per scoprire e comprendere come qualsiasi cambiamento viene valutato dal punto di vista di un “cliente” (un cliente, uno stakeholder o un collega – o anche te stesso). [Nota: il tuo cliente è quello che vorresti dicesse “sì” alla tua offerta.] La storia (un’analogia) della Matrice del Cambiamento è stata presentata da Eli Goldratt in un popolare video animato su YouTube [Goldratt 2010], ed è ampiamente conosciuta nella comunità ToC ed è sintetizzata da una immagine che qui riporto.

Probabilmente la Matrice del Cambiamento riduce le difficoltà di scrittura di una Nuvola di Conflitto.
Anche la Nuvola di Conflitto può essere catalogata come “best practice”, almeno per i praticanti la TOC. Il punto che mi interessa sottolineare è il costante tentativo di migliorare le best practices cercando di identificare il cosiddetto missing link.
Tutte le volte che vi si presenta l’occasione di adottare una best practices dovete chiedervi se la root cause dei problemi di cui state soffrendo è la stessa di quella risolta dalle best practices nei casi dove sono state sviluppate? Lo volete fare usando la Nuvola di Conflitto? Bene. Lo sapete fare in altro modo, altrettanto bene.
Una ultima considerazione che ritengo interessante, nei settori dove tutti i competitor adottano best practices / strategie karaoke in area commerciale/marketing c’è un potenziale di differenziazione gigantesco (qualcuno direbbe oceano blu versus d’oceano rosso) ovvero se tutti fanno i papaveri fare i girasoli funziona alla grande per essere visibili e distinguersi.
È per fare il girasole che cosa bisogna fare? Facile, bisogna essere rivolti sempre verso il sole, e in questa metafora il sole è il mercato.
E qui si chiude il cerchio. Per non essere aziende karaoke le best practices vanno adottare se è solo se contribuiscono a ridurre una limitazione del mercato (come raccomandato dal processo messo a punto da Goldratt per la Business Innovation).

Claudio Vettor
WinWin Consulting

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